Buongiorno Lettori!
Come procede la vostra estate? Qui da me il caldo continua e a parte qualche temporale molto sporadico le temperature rimangono sempre molto alte. Per sfuggire al caldo sono andata per un po' nel mio amato Nord, in Norvegia per la precisione, (non nego che lo shock termico è stato niente male e molto piacevole) e con me ho riportato in Italia la voglia di restare li ancora per qualche tempo. Appena rientrata mi sono dunque buttata sulla lettura di un thriller nordico nella speranza di conservare con me ancora un po' delle sensazioni provate lassù. Lettori, oggi parliamo del romanzo d'esordio di Alex Dahl: Il ragazzo della porta accanto
Titolo: Il ragazzo della porta accanto
Titolo originale: The boy next door
Autrice: Alex Dahl
Casa editrice: Newton Compton
Serie: /
Pagine: 328
Formato: rilegato con sovracoperta
Prezzo: 12,90 € (cartaceo)
2,99 € (digitale)
Se mi seguite da un po' saprete certamente che io e i thriller nordici abbiamo un rapporto molto complesso e altalenante. Nemmeno io ci ho ancora capito qualcosa onestamente sul perché alcuni romanzi di questo genere mi piacciano mentre altri no. Fatto è che per me leggere un nordico è un po' sempre come tirare a sorte o giocare alla roulette: non so mai cosa mi capiterà.
Alex Dahl è con Il ragazzo della porta accanto al suo esordio narrativo; un romanzo che dalla critica d'oltreoceano è stato etichettato come un interessante mix tra il thriller nordico e quello anglosassone psicologico, e accolto tutto sommato positivamente, tanto che proprio in questi giorni l'autrice è tornata nelle librerie con un nuovo romanzo. Non nego che questo connubio mi intrigava parecchio e aggiungendoci il fatto che l'autrice è di origini norvegesi e la Norvegia è anche il posto in cui si ambiente la vicenda, ho colto la palla al balzo per leggerlo in questo periodo un po' nostalgico per me nei confronti del Nord Europa.
Cosa ne penso dunque di questo romanzo? Beh, come da copione ho sentimenti piuttosto contrastanti. In generale il libro mi è piaciuto a livello di storia e setting. Il finale non mi ha fatto saltare sulla sedia come invece piace a me, ma devo dire che tutto sommato è rimasto al livello della narrazione del romanzo.
Quello che purtroppo non ho amato è stato lo stile della Dahl, e per stile non intendo la costruzione della frase o l'articolazione dei capitoli, intendo proprio il modo in cui l'autrice ha impostato la narrazione e ha dato voce ai suoi personaggi.
Partiamo con i pov che all'interno della vicenda sono due: quello di Cecilia, la protagonista, e quello del ragazzo della porta accanto appunto, Tobias. Punti di vista alternati dunque che però non sono affatto contraddistinti dall'impaginazione o graficamente e che quindi a prima vista non sono affatto distinguibili uno dall'altro, se non dopo aver letto le prime righe di ogni capitolo e aver capito a quale personaggio l'autrice sta dando voce. Per carità, una volta capito il problema alla fine ci si abitua, ma almeno il nome del personaggio all'inizio del capitolo giusto per dare al cervello del lettore modo e tempo di switchiare mentalmente non sarebbe stato male, almeno secondo me.
Altro elemento, questo decisamente più importante e decisivo per la narrazione della vicenda, e che non mi è proprio piaciuto e al quale purtroppo non posso in nessun modo trovare una giustificazione o minimizzare, è il modo in cui l'autrice ha scelto di rendere inaffidabile il personaggio di Cecilia. In letteratura esistono molti modi di "rendere" personaggi del genere, che sono indubbiamente affascinanti e molto intriganti, capaci di regalare - se costruiti ad hoc - una marcia in più al romanzo in termini di colpi di scena e suspence. Questo però non è certamente il caso della Dahl che non è stata in grado di gestire il personaggio a cui ha dato vita: Cecilia non solo è un personaggio inaffidabile che racconta una verità parziale o, a volte, totalmente errata, è anche un personaggio totalmente ingovernabile che ritratta più volte la stessa versione dei fatti cambiandola a ogni occasione e generando così solamente una grande confusione nel lettore che non può fare altro - a un certo punto della storia - che smettere di cercare di capire come potrebbero essere andate le cose e lasciarsi "guidare" dalle pagine sperando che una spiegazione arrivi presto. Onestamente credo che questo sia stata una enorme mancanza/svista da parte dell'autrice: quando un thriller perde l'attenzione o peggio il grip sul lettore, quando il lettore stesso smette di cercare di capire come sono andate le cose e in un certo senso si arrende spegnendo il cervello, per me il thriller in questione ha perso la sua efficacia e ha fallito il suo scopo. Capisco che l'intento dell'autrice possa essere stato quello (lodevole) di creare suspance nel lettore, ma il modo in cui ha cercato di raggiungere lo scopo è stato completamente errato. L'unico elemento di suspence e di grip letterario che riconosco all'autrice è stato quello delle relazioni tra i personaggi: quali sono stati i legami e le relazioni che hanno accomunano i protagonisti della storia nel passato non è stato facile da capire, ma la soluzione finale proposta mi ha convinta, non mi è sembrata banale né scontata e in generale mi è piaciuta.
Certo nel romanzo esistono forse un po' troppe coincidenze o fatti che accadono con un tempismo un po' troppo perfetto, ma onestamente il tutto mi è sembrato che sia stato mantenuto nei limiti del plausibile e dunque questo non è un'aspetto che mi ha particolarmente disturbato (come invece ho letto è accaduto a molti altri lettori).
Altro elemento che invece a me ha dato parecchio fastidio e ha contribuito al senso generale di insoddisfazione che il libro mi ha lasciato dopo averne terminato la lettura, è stato quello della resa non coerente dei personaggi, di Cecilia sopratutto. Anche qui, capisco che l'intento dell'autrice sia stato a fin di bene narrativo: la Dahl voleva costruire un personaggio combattuto, dilaniato tra il presente e le azioni del passato, tra quello che ha perso e quello che potrebbe perdere ancora adesso, ma onestamente quello che ha reso è stato solamente un personaggio con gravi problemi comportamentali e rispetto al quale viene da chiedersi se non soffra anche di disturbi di sdoppiamento della personalità. È totalmente impossibile cercare di relazionarsi con i sentimenti che la protagonista prova dal momento che il suo comportamento non solo è totalmente impossibile da decifrare, criptico per certi versi, ma è anche completamente slegato da ogni forma di verosimiglianza nella realtà. Purtroppo questo ha come enorme conseguenza la mancanza di empatia che avrebbe dovuto generarsi tra il lettore e la protagonista, consentendo così un'esperienza immersa nella storia che invece - purtroppo - al lettore viene preclusa totalmente e senza possibilità di appello.
In conclusione dunque, nonostante le mie forti speranze di trovarmi di fronte a un'autrice (nordica) in grado di intrattenermi e soddisfarmi letterariamente parlando senza alcuna obiezione devo necessariamente ammettere che, per ora, la Dahl non è stata all'altezza delle mie aspettative. Il ragazzo della porta accanto si è, purtroppo, rivelata una vicenda con alcune potenzialità ma non pienamente espresse e centrate.
Consigliato? In tutta onestà non mi sentirei di consigliarlo perché secondo i miei parametri non è stato all'altezza delle promesse. Tuttavia va sicuramente preso in considerazione che molti lettori lo hanno decisamente più apprezzato della sottoscritta dunque potreste provare un approccio al romanzo e cercare di capire se può essere nelle vostre corde. Per i miei gusti c'è di meglio in giro.
Coinvolgimento: 3/5
Stile: 2/5
Personaggi: 2/5
Vicenda: 4/5
World building: 4/5
Finale: 3/5
****Giudizio: 3/5****