Buongiorno Lettori,
oggi è tempo di recensioni con i miei pensieri su una romanzo storico recentemente edito per Piemme che per le sue premesse mi aveva da subito colpito e affascinato anche se la lettura si è rivelata poi in ultima analisi essere un po' diversa da quella che credevo. Lettori, oggi parliamo de La moglie coreana.
Titolo: La moglie coreana
Autrice: Min Jin Lee
Serie: /
Casa Editrice: Piemme
Formato: rilegato con sopraccoperta
Pagine: 600
Prezzo: 22,00€ (rilegato)
10,99 € (digitale)
La moglie coreana è l'esordio nella narrativa storica dell'autrice, un esordio che - come si apprende dalla postfazione al romanzo - l'autrice ha conservato, protetto e coccolato per 30 anni prima di ultimarlo e darlo finalmente alle stampe, consegnandolo così ai lettori di tutto il mondo che di certo non sono rimasti indifferenti alla sua pubblicazione. Il romanzo è infatti stato accolto più che positivamente dalla critica: Finalista al National Book Award del 2017, i suoi diritti sono stati comprati da Apple TV per farne una serie tv prossimamente e il New York Times lo ha annoverato tra i dieci miglior libri del 2017. I diritti de La moglie coreana sono inoltre stati venduti tra più di 20 paesi ed è stato tradotto in altrettante lingue.
Il motivo di una così ottima ricezione sono, a mio avviso, da ricercarsi nei temi che il romanzo affronta in maniera diretta e senza troppi giri di parole, catapultando il lettore direttamente a contatto con la dura realtà che i personaggi si trovano a vivere. Razzismo, bullismo, discriminazioni, giochi di potere sono solo la punta dell'iceberg che la narrazione della Lee tocca soffermandosi, a volte delicatamente, a volte in maniera più dura. A fare da sfondo a ciò uno dei temi più cari all'autrice di cui è una grande studiosa: la storia coreana. E infatti La moglie coreana altro non è una grande e lunga saga familiare che prende il via nel 1883, con la madre della protagonista - Sunja - per terminare a ridosso degli anni novanta con i suoi pronipoti. Amori, tradimenti, sconvolgimenti e morti si susseguono implacabilmente pagina dopo pagina, mentre la Storia fa il suo corso: dalla colonizzazione imperiale del Giappone, alla Seconda Guerra mondiale, all'istituzione del comunismo nella Corea del Nord.
Suddiviso in tre libri, La moglie coreana, libera traduzione del titolo originale - Pachinko il gioco d'azzardo coreano proibito dal governo giapponese - usa i protagonisti della storia per raccontare una delle pagine forse meno nota della Storia al grande pubblico, facendo leva su temi che, purtroppo, ancora oggi sembrano ben lontani dal trovare una soluzione e senza risparmiare descrizioni - a volte anche crude - delle condizioni e delle ingiustizie a cui il popolo coreano (sopratutto gli immigrati verso il Giappone) sono stati costretti a sopportare.
Una romanzo che merita dunque di essere letto perché la sua storia merita di essere conosciuta e non dimenticata, al pari tutte le altre vicende storiche che devono essere un monito per il futuro. Una storia che sa trasportare lontano dal mondo che conosciamo e che siamo abituati a leggere ma che ugualmente non può che appassionare.
Detto ciò, va però necessariamente fatto un distinguo tra i temi trattati e la cornice storica e la storia narrata vera e propria. In fin dei conti stiamo pur sempre parlando di un romanzo di narrativa e dunque la valutazione della parte puramente di intrattenimento del lettore deve necessariamente essere analizzata. Purtroppo questa è anche la parte in cui - come si suol dire dalle mie parti - casca l'asino. Perché se da una parte sono apprezzabilissime le intenzioni dell'autrice, dall'altra non posso fare a meno di notare che - almeno per quanto mi riguarda - la Lee sia stata eccessivamente ambiziosa. L'arco di tempo preso in considerazione durante la narrazione è veramente lungo: stiamo parlando di circa un secolo. E, se da un lato è lodevole l'intento di narrare la storia del popolo coreano attraverso le vicende di un'intera famiglia, dall'altra le doti narrative delle Lee non sono a mio avviso sufficientemente adeguate e robuste per questo scopo. Personalmente ho trovato la narrazione molto impersonale e sterile, l'uso della terza persona non ha di certo aiutato in ciò, e sopratutto non sono riuscita a provare nessun tipo di empatia per nessuno dei numerosi personaggi che popolano queste pagine. Con mio grande dispiacere, perché avevo sentito parlare veramente bene di questo romanzo e volevo che mi piacesse, ho girato pagina dopo pagina senza però mai sentirmi veramente parte della vicenda, senza sentirmi partecipe degli eventi dei personaggi, dei loro problemi e delle loro difficoltà. Alla fine ho terminato la lettura ma senza provare quel famigliare senso di conoscenza e di intimità che un buon romanzo di questo tipo dovrebbe lasciarti.
Insomma, purtroppo La moglie coreana non mi ha rapito il cuore così come avrei voluto. Resta comunque un buon libro, storicamente parlando, ma come narrativa c' è sicuramente di meglio.
Consigliato? Ni, consigliato perché resta comunque un modo piuttosto "leggero" di imparare argomenti che non sempre vengono trattati nei libri di testo scolastici, ma senza la pesantezza di un saggio storico o di un libro didattico. Tuttavia a livello di narrativa e di intrattenimento esistono a mio parere romanzi superiori
Coinvolgimento: 2/5
Stile: 4/5
Personaggi: 2/5
Vicenda: 3/5
Word building: 2/5
Finale: 3/5
****Verdetto: 2.75/5 ****